Nascondersi dietro una foglia

Durante la scuola di primavera, Stefano Sturloni ha fatto potenti affermazioni, su cui vale la pena fermarsi a riflettere. Ne scegliamo tre e proviamo ad ragionare su cosa le rende particolarmente funzionali ad un argomentazione che ci riguarda sopra tutte: la competenza dell’adulto, in relazione con gli oggetti d’indagine dei bambini.

 

“La Natura inganna”: ci sono specie, vegetali o animali che necessitano di una conoscenza tecnica specifica per essere riconosciute le une diverse dalle altre; nulla di incredibile se si usa come parametro la moltitudine di mutazioni e varietà presenti in natura, invece di estremo interesse se adottiamo la lente di chi utilizza la vocina del possibile “inganno” per tenere vivo il dubbio, con se stesso e poi con i bambini. E’ il dubbio che consente di uscire dalla generalizzazione e apre ad una conoscenza più profonda, spingendo alla ricerca di prove che rendano le proprie convinzioni inconfutabili. Banalmente la foglia di liquidambar viene confusa con quella di acero, nulla di male se non fosse che foglie praticamente identiche producono frutti estremamente diversi. A che serve saper riconoscere la pianta di liquidambar da quella di acero, soprattutto a che serve porsi il dubbio che siamo di fronte all’una o all’altra? Per esempio ad evitare facili risposte ai bambini, offrendo informazioni sbagliate e invitando a trovare ancoraggi alle facili certezze.

 

“C’è sempre qualcosa che si nasconde oltre ciò che sembra”. Questa è forse la metafora più forte per l’educatore in natura, quella che più lo legittima nel suo attraversare il tempo e le cose con una postura interrogativa, di nuovo, dubbiosa, mai ferma pur nella sosta.

Questo è anche il presupposto filosofico per una didattica capace di alimentare curiosità, relazioni, intrecci disciplinari e di approcciare al sapere con uno sguardo di meraviglia, cioè disponibile allo svelamento, capace di andare oltre il conosciuto, a volte di dimenticare la forma delle cose un po’ come in quei giochi ottici in cui si vince se si individuano forme che a prima vista non esistono. E’ forse la relatività dell’esistenza del sapere la cosa più interessante nell’andare oltre ciò che sembra, quella possibilità che ci è data di approcciare la conoscenza del noto con la stessa emozione di chi per la prima volta vede il sole entrare nel mare. L’emozione e la curiosità sono amiche, alleate dei bambini nel desiderio di apprendere e lo sono anche degli adulti. Andare oltre ciò che sembra è una possibilità di vivere avventure conoscitive nelle terre del già noto. A volte basta ricordarsi che ogni albero deriva da una foglia e realizzare che quando un bambino di una foglia dice “l’ho raccolta perché è lunga e mi ricorda un albero” ci sta dicendo che dietro cià che sembra un’affermazione immaginifica c’è un’intuizione scientifica, che vale la pena raccogliere.

 

“Mi piacciono le domande e le considerazioni” è restituire interesse a chi a te si rivolge per imparare, è la misura della relazione che dovrebbe qualificare l’interazione tra adulti e bambini e tra insegnanti e discenti tutti.

E’ una dichiarazione di complicità che invita ognuno a mettersi in gioco, interessante come strategia didattica ma in realtà qualificante laddove connotata di autentico desiderio di vivere insieme l’esperienza di imparare, lasciando che il sapere personale si impregni di nuove relazioni e ne esca rinvigorito, arricchito dall’aver incluso e accolto nuovi semi per progredire.

E’ l’elisir di eterna giovinezza, quello di saper guardare il mondo per la prima volta, come fanno i bambini, ciò che ci consente di avere una pregnanza come insegnanti nel dare significato a ciò che sempre scorre, evolve, cambia, e che pure ha bisogno della nostra capacità di lettura.

E’ in questa saggezza che si riconosce un grande maestro, colui che ha chiaro quanto alcune domande siano chiavi per aprire porte di cui non era chiara l’esistenza.

 

C D’A