Foglie ed esercizi di sguardo

Guardo la pila di quaderni in uso, ognuno cominciato per qualcosa di particolare e poi tutti finiti a dialogare uno con l’altro. Sulla copertina del più piccolo, regalo da un viaggio in Puglia, rileggo una frase di Yeats che amo e che in questo momento mi parla in modo nuovo: “Il mondo è pieno di cose magiche, pazientemente in attesa che i nostri sensi si acuiscano”.
Mentre sto per riporlo, mi accorgo che contiene una foglia secca di acero, che attraversa sfumature di gialli e arancioni, ma che conserva su alcune punte memorie di rosso e un desiderio di verde. Sul retro, le nervature si mostrano in tutta la precisione del loro diramarsi, di una bellezza tale che non so quale lato scegliere. La foglia è a cinque punte e guardando meglio mi accorgo che solo la linea centrale ha le principali diramazioni parallele, che invece si fanno alternate nelle altre quattro, sebbene poi le più piccole paiano avere andamenti alterni. Un meraviglioso movimento di linee che chiedono di essere osservate meglio per scoprire i percorsi eterogenei che attraversano la foglia. Quando appoggio il quaderno, una nuova foglia, stavolta di carta – ritaglio commovente di mia madre – fa capolino: lanceolata, verde brillante, prova a raccontare la medesima complessità senza tuttavia riuscirci.
E poi si affaccia una busta, ricevuta un paio di giorni fa da un’amica che vuole portarmi fuori, tra ciò che amo, ma aperta troppo velocemente per apprezzarne davvero il contenuto: dentro, aprendola con cura, trovo sei piccole foglie secche di cui il tempo ha conservato solo la struttura. Incanti di pizzo, tutte di colori e toni diversi, raccontano in un altro modo ancora le nervature di una struttura solo apparentemente fragile.
Oggi sto e starò su questi frammenti di mondo, da maneggiare con delicatezza, eppure vivi, fitti di storia e storie, che invitano a sostare, ascoltare, interrogarsi con la semplicità di ciò che è a portata di mano e la ricchezza di ciò che ha in se stesso l’universo intero. Un esercizio da coltivare quotidianamente per farsi un po’ più prossimi. Ha ragione Stefano Sturloni quando vuole parlare di foglie…

 

MG