Disegnare la natura fuori

Disegnare la natura fuori. Strumenti e tracce di osservazione nell’aula verde

(di Sara Vincetti, tratto da Una scuola possibile, a cura di Francesca Antonacci e Monica Guerra, FrancoAngeli, 2018)

Il disegno naturalistico diventa strumento

Tra i traguardi di sviluppo delle competenze di un bambino al termine della scuola primaria, indicati nella sezione disciplinare dedicata ad Arte e immagine delle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo (D.M. 254 del 16 novembre 2012), si auspica la conoscenza, l’attitudine al rispetto e alla preservazione dei beni artistico culturali presenti sul territorio, ivi compreso il «patrimonio ambientale e urbanistico» indicato fra le opere d’arte. Nulla porta a specificare il disegno naturalistico come strumento di conoscenza di tale patrimonio. Tra gli obiettivi della sezione scientifica, però, è possibile scoprire l’importanza dell’osservazione sul campo in sottopunti che invitano ad «osservare con uscite all’esterno», sebbene riferite specificatamente ai terreni e alle acque, e «riconoscere e descrivere le caratteristiche del proprio ambiente» (ivi, p. 58). Apparentemente Scienze ed Arte sembrano discipline distinte e non interconnesse fra loro, seppure entrambe siano in relazione con il contesto naturale e fra i loro obiettivi di apprendimento siano indicati l’osservazione e la sperimentazione sul campo, caratteristiche proprie del disegno all’aperto.

Howard Gardner, psicologo statunitense e famoso padre della teoria delle intelligenze multiple (1987), ha descritto le caratteristiche dell’intelligenza naturalistica per identificare e raccogliere quelle abilità che ruotano attorno al tema della biofilia e di una naturale propensione alla classificazione e tassonomia di flora e di fauna. In altre parole, ha valorizzato l’attitudine innata protesa alla conoscenza della natura, che può essere potenziata e sviluppata attraverso l’esercizio, al pari delle altre forme cognitive. Il “naturalista” si spinge verso la conoscenza del mondo vivente grazie anche ad un uso privilegiato dell’esperienza sensoriale e della ricerca autonoma: non è forse lo stesso atteggiamento che possiamo riconoscere nel bambino?

Non è forse il bambino, nelle sue raccolte e nelle sue classificazioni, nelle sue indagini e con le sue tasche piene di sassi, insetti, foglie, ad essere il primo naturalista che l’adulto incontra? Dunque, perché la scuola primaria non prevede la riflessione su strumenti specifici che sostengano questo atteggiamento? In antitesi ad un ambiente scolastico artificioso, L’ultimo bambino dei boschi (2015) di Richard Louv ci segnala l’innegabile correlazione fra l’aumento dei problemi di attenzione e apprendimento in aula e il sempre maggior distacco e allontanamento dal gioco e dal contatto del bambino con la natura. Questa osservazione ha spinto il sistema educativo a porre una crescente attenzione all’ecosistema, all’ecologia, al rapporto con l’ambiente e ad un’educazione dove il dualismo bambino-natura è soggetto protagonista del processo di apprendimento. Il contesto scolastico ha ampliato lo sguardo dal “dentro” strutturato e conosciuto dell’aula stretta fra quattro mura, fitta di banchi e lavagne di ardesia o interattive, ad un “fuori” non strutturato e imprevedibile, instabile e osservabile, maestro fondamentale nello spingere il bambino ad allenare l’attenzione, i sensi e il pensiero divergente. In questo clima che riprende pensieri pedagogici della tradizione del nostro paese, «l’educazione non è ciò che il maestro dà, ma è un processo naturale che si svolge spontaneamente nell’individuo umano; che essa non si acquisisce ascoltando delle parole, ma per virtù di esperienze effettuate nell’ambiente» (Montessori, 2013, p. 6). Il giardino scolastico, vissuto per lo più come spazio ricreativo, diventa aula dove le discipline collaborano e trovano una connessione nello strumento privilegiato utilizzato dai naturalisti: il taccuino, un quaderno nato con la funzione di strumento specifico di documentazione. Famosi sono i taccuini di Darwin (2008), in cui il noto esploratore annotava i suoi appunti di viaggio, le descrizioni e gli schizzi, un esempio storico fra molti altri che erano soliti alle osservazioni dal vero: Leonardo Da Vinci, Gregor Mendel, Carl Linnaeus e i più recenti Federico Gemma e Fulco Pratesi. Il taccuino naturalistico, anche in questa “era digitale” e in una scuola che si appresta ad essere sempre più tecnologica, è lo strumento in grado di coniugare veridicità e poesia attraverso l’esplorazione diretta di un ambiente verde, di piccoli animali, insetti e fenomeni atmosferici. Uno “sketchbook” rientra a pieno titolo fra gli strumenti che si possono inserire nel bagaglio scolastico, condensatore di parole e disegni, intuizioni e ricerche, ipotesi e verifiche. Il focus del quaderno non è la trasmissione di una tecnica, sebbene non la trascuri, né la produzione di disegni graficamente perfetti, di schizzi del paesaggio fedeli al pari di una fotografia, di descrizioni degli elementi naturali che rispondano a criteri etimologici e scientifici, bensì che la traccia, perché di questo si tratta, testimoni l’esperienza, le domande, la curiosità che portano alla ricerca e all’approfondimento. Richard Mabey, in Il taccuino del naturalista 76(2011), si domanda infatti fino a che punto gli strumenti tecnologici amplino la comprensione della natura dal momento che estrapolano l’elemento dal suo contesto e dai fattori che sicuramente ne influenzano e determinano l’identità globale oltre che morfologica.

La proposta

La proposta che segue ha coinvolto sei classi seconde della Scuola Primaria di Gambettola (FC), per un totale di circa 120 bambini, 12 insegnanti e chi scrive nel ruolo di esperta esterna illustratrice e promotrice dell’educazione in natura e del taccuino artistico e naturalistico. Il luogo scelto per lo svolgimento, il giardino conosciuto ed esperito dai bambini quotidianamente, si è reso protagonista e disponibile a questa avventura proprio quando la primavera della costa romagnola iniziava a profumare l’aria con i germogli dei giovani tigli del cortile e a lasciare fiorire le prime Margherite e gli occhi azzurri della Veronica comune.

L’istituto statale, nella possibilità di vagliare percorsi laboratoriali condotti da esperti esterni da inserire nelle ore curricolari, ha scelto di proporre un nuovo sguardo ai bambini che potesse coinvolgere l’educazione all’aperto e la libera espressione creativa, in un territorio che non solo vanta nell’artigianato tessile illustrazioni ad opera di autori del calibro di Tonino Guerra e Dario Fo, ma anche una tradizione educativa di maestri come Gianfranco Zavalloni, che ha donato alla scuola italiana i Diritti naturali dei bambini e delle bambine (Zavalloni, 2008), manifesto che promuove anche l’importanza della didattica all’aperto. I docenti, mettendosi in gioco con la loro professionalità e forti dell’identità di un istituto che ogni anno mostra propensione alla ricerca e alla sperimentazione didattica, promuovendo l’anima di un territorio notoriamente fulgido di arti e poeti, si sono messi in gioco attivamente e collegialmente all’interno dell’esperienza. Protendersi ad un nuovo modo di vivere l’ambiente scolastico, promuovendo le collaborazioni per classi aperte e la necessità di riscoprire l’ambiente esterno come possibilità di apprendimento e conoscenza, ha portato il plesso a osservare il “fuori”, tra taccuini e colori: un progetto che valorizzasse il “già visto” con l’occhio del naturalista; l’esterno come luogo dove poter svolgere attività esplorative e in cui l’arte trovasse espressione oltre la trasmissione di una tecnica e oltre il filtro delle immagini spesso piatte e aride dei libri di testo. L’intervento si è avvicinato all’animo dell’artista che disegna in natura, innamorato del proprio territorio e ispirato a porsi domande su di esso e a conoscerlo nelle sue peculiarità, a partire dall’osservazione del fiore e dell’albero più vicini, lo stesso fiore e lo stesso albero che i bambini della scuola primaria, ancora oggi in molte realtà, riescono a guardare solo attraverso il vetro di una finestra o le fotografie di un libro di testo.

I docenti, in accordo con l’esperta, hanno coordinato e accompagnato fuori dall’aula gruppi misti di circa quindici bambini provenienti da sezioni diverse che, durante l’arco del monte ore giornaliero dalle 8,30 del mattino alle 16 del pomeriggio, si sono alternati in un approccio regolare alle proposte del progetto calendarizzato in più temi di approfondimento. Ogni gruppo ha potuto vivere la medesima proposta tra osservazioni, strumenti, grafiche, parole e manipolazioni sensoriali.

Ovviamente tutto questo ha richiesto l’organizzazione di materiali e strumenti specifici non in dotazione dell’istituto ma forniti dall’esperta o dalle famiglie che, in piena collaborazione e fiducia nei confronti dei docenti di riferimento, hanno provvisto i bambini con carta di grammatura adatta al disegno artistico, acquerelli e pennelli. L’esperta di acquerello ha messo a disposizione ulteriori pennelli a punta tonda e pennellesse utili alla campitura e alla stesura dell’acqua sul foglio, contenitori, piattini dove sciogliere il pigmento e studiare le sfumature, carta assorbente per raccogliere eccessi di colore e di acqua e piani di appoggio per i fogli da disegno, sia durante il lavoro di gruppo che durante l’illustrazione individuale.

Il cielo invisibile

Il primo di cinque incontri è stato volutamente organizzato intorno all’esperiemza sensoriale del bambino e ad un primo approccio con l’acquerello del quale spesso le insegnanti non conoscono le tecniche di base ma strumento privilegiato dal naturalista. I gruppi dei bambini, uno dopo l’altro, hanno ripetuto la medesima routine lungo l’arco della giornata. Raggiunta l’esperta su un prato interno all’edificio, privo di alberi e altre distrazioni, sono stati invitati a togliersi le scarpe e iniziare a camminare sull’erba fredda e umida del mattino.

Nessun bambino si è mostrato restìo, sebbene qualcuno abbia mostrato stupore alla sensazione inusuale sotto la pianta del piede, solitamente ben protetta dalla scarpa chiusa. La scelta di un cammino scalzo sul prato ha preso spunto dalle ricerche di Daniel Howell (2011), che da molti anni studia le conseguenze mediche dell’utilizzo della scarpa, che non solo modificano le percezioni della pelle e gli equilibri della postura, ma anche l’anatomia naturale del nostro corpo, soprattutto durante i primi otto anni di vita del bambino. Allo stesso tempo Clinton Ober (2012) ha sottolineato come il contatto della pelle con l’erba e la terra abbia benefici immediati sulla condizione psicofisica dell’individuo, producendo uno stato di benessere immediato.

Riuniti a terra, raccolti in un simbolico cerchio di foglie che invitava all’incontro e alla conversazione, i bambini hanno esposto le emozioni e le sensazioni provate giocando con i propri sensi e comprendendo quanto il senso del tatto rivesta l’intero corpo e non solo le mani. I bambini hanno elencato gli odori percepiti, i colori e gli elementi naturali individuati intorno a loro, confermando per ogni gruppo che si è susseguito durante la giornata, quanto il nostro sguardo si limiti ad un campo visivo orizzontale.

Solo dopo essere stati invitati a sdraiarsi a terra, i bambini hanno preso coscienza del cielo come elemento naturale costantemente presente e mai uguale a se stesso. A quel punto l’esperta ha mostrato come utilizzare lo strumento dell’acquerello nel modo corretto, prendendo a soggetto i bianchi e i turchesi della mattinata primaverile e invitando a dipingere cieli acquosi e nuvole cotonate che il vento spostava velocemente. La tecnica dell’acquerello, che prevede il padroneggiare l’acqua prima ancora del pigmento, è stata un susseguirsi di pennellate sotto il sole caldo del mattino, con nasi volti al cielo e azzurri e turchesi stesi sui fogli lasciati ad asciugare all’aria.

La terra sempre uguale

Ad un secondo incontro ci si è dedicati all’osservazione della terra del parco, secondo elemento naturale del giardino sempre presente e altrettanto inosservato. La terra del parco romagnolo si presentava secca di giornate assolate e dunque disgregata data la natura sabbiosa dovuta alla vicinanza con il mare. Essendo non adatta a trasformarsi in acquerello, poiché non dotata di proprietà collanti, è diventata ottimale per un confronto con la terra argillosa portata dall’esperta. Ad ogni bambino è stato proposto un pezzo di argilla sul quale fare ipotesi ed elencare qualità percettive. Dopo una prima manipolazione ai bambini è stata fornita acqua con la quale sciogliere l’argilla e la terra del prato, raccolta con le mani, per verificarne somiglianze e differenze. Il terreno del prato sul quale sedevano, in un tentativo di stesura su carta, non lasciava tracce dopo l’asciugatura, al contrario del terreno argilloso. Esistono dunque terre diverse? Quali componenti minerali le rendono differenti per cromia e consistenza? Dopo una piccola discussione i bambini sono stati invitati ad individuare un altro elemento naturale presente dallo stesso colore chiaro e grigio-giallognolo del terreno. Con occhio acuto i bambini hanno presto individuato il giovane tronco dei tigli e su grandi bristol hanno dipinto gli alberi utilizzando solo pennello e argilla sciolta, sperimentando l’importanza delle dosi di acqua e pigmento nel disegno ad acquerello.

Il lavoro a piccolo gruppo ha mostrato la sintonia e il piacere di sperimentare gli strumenti in un contesto arioso e rasserenante come quello naturale.

Un taccuino per documentare il fuori

Dopo l’osservazione di cielo e di terra, divisa tra domande, conversazioni, ipotesi e sperimentazioni cromatiche e tecniche, al terzo incontro i bambini hanno iniziato a costruire il proprio taccuino di natura con fogli bianchi, corde, bucatrici, scotch, colla, assemblando secondo il semplice metodo usato dagli stessi “sketchers” che, consapevoli del prezzo gravoso della carta, tendono a assemblare le pagine autonomamente. Dopo la rilegatura ogni bambino ha schizzato in copertina, con solo l’uso della matita, l’albero sotto il quale il gruppo sedeva e che, settimana dopo settimana, mutava i propri rami ed apriva le proprie gemme apparentemente orgoglioso di farsi ritrarre, fornendo una lenta ma progressiva visione del cambiamento stagionale.

In questa occasione, ma anche nelle successive che hanno previsto l’uso di penna ad inchiostro ed acquerello, i bambini hanno potuto osservare le caratteristiche della pianta, dal tronco alle foglie novelle, dalle radici alle infiorescenze profumate, annotando persino le differenze di fioritura da un albero all’altro della stessa specie.

Lo schizzo a matita, seduti sull’erba, è inizialmente apparso difficoltoso data l’assenza della gomma per cancellare, intenzionalmente non fornita, nell’ottica di sostenere l’autostima verso il proprio tratto e la capacità di vedere nelle linee errate una direzione e non una interruzione del proprio lavoro. Il disegno dal vero sostiene una osservazione lenta e costante dell’elemento naturale. Riuscire a disegnare ciò che si vede e non ciò che la mente crede di vedere è un’operazione che richiede allenamento e provoca frustrazione: «occorre ripulire l’occhio e mettere a fuoco un segmento per volta, una linea dopo l’altra, senza fretta, senza velleità artistiche» (Fuori, 2015, p. 155).

Il quarto incontro chiedeva maggiore concentrazione sulla linea, sulle forme e sulle altezze dell’albero e delle sue componenti. Il quarto incontro ha sostituito la matita con la penna e ha proposto un acquerello con pennello dalla punta più sottile e una osservazione finalizzata alle cromie e alle sfumature. Una singola pianta è composta da più tonalità di verdi, così come un tronco non è marrone ma marrone, grigio, verde e persino con tracce di blu cobalto. Questo ha richiesto un gesto di previsione nel confronto con l’acquerello: come costruire colori non presenti sulla palette di cialde a disposizione? Il piattino si è reso utile per giocare con le trasformazioni. La natura, ancora una volta, ha mostrato di non essere prevedibile e monotona.

Disegnare con le parole

L’osservazione con il taccuino naturalistico, in ultima riflessione, ha posto attenzione alle parole utilizzate nelle descrizioni. Lo scopo del taccuino, seppur artistico e creativo, resta quello di conoscere l’elemento naturale nel suo habitat, con le sue imperfezioni, nelle sue relazioni con altri elementi ma anche nella consapevolezza che una osservazione naturalistica può prevedere una osservazione non oggettiva e distaccata ma coinvolgente ed emotiva. Come afferma Mabey (2011) non siamo tutti studiosi razionali ed oggettivi ma piuttosto osservatori simili al «naturalista romantico», esploratori di natura nei quali lo stare all’aperto promuove curiosità e affettività. La scoperta porta a conoscere ma anche a nutrire un sentimento di attenzione e cura verso l’elemento osservato nel suo ciclo vitale, «l’intelligenza naturalistica è definita come l’abilità di entrare in connessione profonda con gli esseri viventi non umani e di apprezzare l’effetto che questa relazione ha su di noi» (Barbiero, 2017, p. 20). Il disegno all’aperto ha un piano poetico e creativo dato dagli strumenti e dalle sensazioni e un piano scientifico, poiché alla descrizione dettagliata e alla esplorazione sensoriale è seguita la curiosità che ha stimolato la ricerca e ha portato a raccogliere informazioni specifiche. Ecco perché durante tutto il laboratorio sono sempre stati lasciati a disposizione dei bambini libri sul tema, da sfogliare in piena libertà. Non solo enciclopedie, ma anche albi illustrati di qualità e poesie di natura.

I bambini, liberi di sedersi o sdraiarsi sul prato, hanno scritto poesie, racconti in forma diaristica, lettere rivolte alla natura, e hanno personalizzato il taccuino con informazioni raccolte dai libri o dalla propria immaginazione. «Ovunque ogni giorno, è possibile uscire e portare con sé il proprio taccuino, fermarsi ed iniziare ad osservare la natura vicina. Il disegno diventa così simbolo di un nuovo sapere: la curiosità porta al disegno, il disegno a nuovi interrogativi e nuove informazioni» (Fuori, 2015, p. 155). Questo è l’obiettivo di un laboratorio di disegno naturalistico portato all’interno di una scuola primaria: mostrare come sia possibile pervenire a informazioni e nozioni scientifiche e tecniche non solo utili alla conoscenza ma anche alla formazione di un sentimento ecologico e di appartenenza al territorio, viaggiando tra le discipline, fuori dall’ambiente strutturato dell’aula ma a contatto diretto con l’ambiente naturale, scolastico e non, a disposizione. Un ambiente vivo, interessante e benefico per la salute psicofisica dei bambini; valorizzante di tempi lenti, ricerche autonome e docenti partecipativi e pronti all’imprevisto che il tempo e la natura immancabilmente propongono.

Un percorso che vuole andare oltre la possibilità di un tempo orario limitato e di una identità laboratoriale, ma diventare pratica abituale che possa integrare una didattica attiva, esperienziale, sociale e soprattutto, serena.

Bibliografia

D.M. 16 novembre 2012, n. 254 – Indicazioni nazionali per il curricolo delle scuole dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione.

Barbiero G. (2017), Ecologia affettiva, Mondadori, Milano.

Darwin C. (2008), Taccuini, Laterza, Bari.

Guerra M. (a cura di) (2015), Fuori, FrancoAngeli, Milano.

Howell D. (2011), A piedi nudi, Orme, Milano.

Mabey R. (2011), Il taccuino del naturalista, Salani editore, Firenze.

Montessori M. (2013), La mente del bambino. Mente assorbente, Garzanti, Milano.

Ober C., Sinatra S.T., Zucker M. (2012), Earthing. A piedi nudi, Macro Edizioni, Milano.